Wednesday, February 21, 2007

Yona Friedman + NAO

NAO is collaborating with Yona Friedman on the installation of his drawings at the Drawing Center in New York. The exhibition is open between February 24 – April 7, 2007.
Here we "stole" some of the drawings, which will be on display there.









Monday, February 12, 2007

Microutopia


See images from the Microutopia project in the 2A+P website.

Friedman's vision for Corticella


These are some of the visions developed by Yona Friedman for the competition "Bella Fuori" in Corticella, Bologna.



Yona Friedman: une production pour la collection

The Musée d'art contemporain de Lyon invited Yona Fiedman to realize a new istallation.

Intervista a Yona Friedman

a cura di Manuel Orazi

Architetto, urbanista, designer ma anche studioso di sociologia, fisica e scienza delle comunicazioni, Yona Friedman (Budapest, 1923) è tornato al centro della cultura architettonica internazionale dopo essere stato a lungo liquidato come utopista.
Membro della resistenza antinazista ungherese, Friedman ha trascorso alcuni anni a Haifa, in Israele, dove ha abbozzato la prima delle sue molteplici teorie, vale a dire il Manifesto dell’architettura mobile in cui speciali sistemi di costruzione permettono all’abitante di determinare da sé la forma, lo stile etc. del suo appartamento e di cambiarlo quando lo desidera.
Le sue proposte si distinguono perché indicano con chiarezza anche la forma sociale e politica più idonea da assumere affinché siano fattibili, come nella rivoluzionaria Continent City in cui l’Europa è vista come un gigantesco sistema di città-stato. Friedman ha conosciuto un’apprezzabile notorietà a partire dal suo trasferimento nel 1957 a Parigi, per poi cadere in disgrazia a causa del prevalere di ideologie architettoniche autoreferenziali come il neorazionalismo o effimere come il postmoderno.
Quasi di colpo la sua Ville spatiale, una struttura tridimensionale sollevata da terra organizzata secondo il principio della flessibilità e dell’autoregolazione degli abitanti, sembra oggi una soluzione praticabile. Solo quest’anno, grazie anche alla rivalutazione portata avanti da architetti e critici di fama quali Bernard Tschumi, Stefano Boeri e Hans Ulrich Obrist, Friedman si appresta a inaugurare alcune mostre in diversi paesi europei a cominciare dalla prestigiosa Serpentine Gallery di Londra.


Come spiega il favore che le sue idee incontrano oggi dopo essere state rimosse per alcuni decenni?

“Il problema credo consista nella lettura superficiale che ne è stata fatta nei primi anni ’60. Sono stati cioè trascurati tutti gli aspetti politici, sociali e comunicativi che vi erano implicati. Ho scritto libri come L’architettura mobile e Utopie realizzabili proprio per articolare compiutamente le mie teorie. Grazie allo sviluppo della tecnologia quelle proposte sono sempre più facili da realizzare e l’unica utopia da risolvere resta la raccolta del denaro necessario, ma questo è un problema per qualunque progetto di architettura”.

Qual è il principio fondamentale su cui si basano le sue proposte?

“La centralità degli abitanti e l’uso degli edifici. Sono meno interessato agli architetti, me compreso: gli architetti e gli urbanisti oggi non sono più degli artisti o ‘quelli che prendono le decisioni’, ma solo dei pubblici servitori; gli abitanti non devono essere considerati solo come dei consumatori, ma come dei professionisti altamente specializzati ed esperti in materia di habitat, e di conseguenza devono essere coinvolti nella determinazione di ogni progetto. La realtà dipende sempre dall’immaginazione delle persone”.

Come vive allora la frenetica attenzione dei media per gli architetti?

“Gli architetti sentono la comunicazione come necessaria per poter realizzare le proprie idee, ma comunicarle è molto più complicato che fare uno schizzo o un semplice diagramma. In un certo senso tutto è comunicazione, in ogni processo in cui sono implicati più di una persona bisogna porsi il problema di una comunicazione altrimenti si diventa autistici. Però credo che una comunicazione globale sia impossibile e ci si debba quindi rivolgere soltanto a interlocutori già preparati a ricevere il nostro messaggio altrimenti si è fraintesi. In generale non mi pare che gli architetti se ne rendano conto”.

Come reagisce allora quando accomunano le forme di alcuni suoi progetti a quelle di artisti della sua generazione come Constant o ad architetti contemporanei come Rem Koolhaas?

“Se ho avuto la possibilità di essere copiato, bene, questo allora era esattamente ciò che volevo. Ho sempre voluto insegnare a un livello globale, oltre l’università. Se le mie idee sono state imitate 40 anni fa o ancora oggi significa che sono parte di un processo in atto e sono contento di esserne parte. Tutti i miei studi si basano sull’idea di processo, in definitiva è questo il carattere di tutta la mia opera”.

Crede ancora che la Ville spatiale sia l’unica soluzione per i problemi della città del XXI secolo?

“Credo che sia una possibilità e la mia proposta di una città articolata nello spazio sovrastante la città esistente è uno strumento per risolvere problemi di crescente densità laddove questi siano necessari, come nelle megalopoli cinesi dove enormi masse immigrano dalle campagne. Al contrario, in un altro mio progetto urbanistico a grande dimensione che ho chiamato Continent City ho maturato l’idea che per impedire l’esplosione di megalopoli è sufficiente collegare efficientemente tra loro città medie e grandi, un po’ come è avvenuto in Europa nell’800 con il primo sistema ferroviario. Questo ha impedito la formazione di città ingestibili da oltre 10 o 20 milioni di abitanti, e cos’è oggi l’Europa se non una rete di circa 150 città? Una città continente, appunto, che a mio avviso dovrebbe essere una federazione di città piuttosto che di nazioni. In questo senso la Ville spatiale è una risposta ai problemi di oggi mentre Continent City è un passo nel futuro”.

Pubblicata su “L’espresso”, 13 luglio 2006

I was not present


Con questa semplice frase "I was not present"1 Yona Friedman sintetizza uno tra i principi fondamentali della sua ricerca. Questa frase vuole liberare l'architettura dall'incombente peso della tecnicità e della specialisticità. L’obiettivo di Friedman infatti è quello di ricondurre la produzione artistica al di fuori del campo specialistico nel quale si trova, per metterla in contatto con la vita di ogni giorno e con i bisogni di tutti. "Le strutture irregolari non sono interessanti solo per la richezza formale che creano. Il loro vantaggio principale sta nel modo di costruirle, con un'eccezionale tolleranza dell'imprecisione che le rende accessibili ai costruttori non professionisti, dotati di competenza media e privi di utensili raffinati. Rendere facili le tecniche costruttive può avere importanti conseguenze sociali."2 Questo concetto descrive perfettamente il lavoro che Friedman ha presentato recentemente al Mart di Trento e Rovereto. In occasione della seconda "Giornata del Contemporaneo"3, l’architetto franco-ungherese ha presentato nel museo due suoi lavori Merzstrukturen e Nonument.
Il progetto, curato da Maurizio Bortolotti, prevedeva un piccolo processo, la realizzazione di due istallazioni nel Foyer della Biblioteca del Mart, senza un vero e proprio progetto ma semplicemente con delle indicazioni. Friedman descrive così l'operazione: "L'architettura ed il design generalmente ci obbligano a lavori molto precisi mentre il mio interesse è nel permettere l'imprecisione e al tempo stesso l'oggetto deve essere solido ed è questa imprecisione che permette di improvvisare. Il lavoro che presento qui permette l'assenza di progetto e piante tipici dell'architettura ed è un metodo che si spiega in modo molto semplice. Questa specie di fumetto descrive in che modo farlo come una ricetta di cucina."4 Per realizzare queste due istallazioni il Mart ha pubblicato un'inserzione nelle facoltà di Architettura, Design e Istituto delle Belle Arti, con lo scopo di arruolare 6 studenti. I requisiti richiesti erano: la maggiore età, buone motivazioni, conoscenza del lavoro di Yona Friedman e una abilità nel lavoro manuale, visto che le opere sarebbero state realizzate con cartone, colla e nastro adesivo. Il gruppo di giovani studenti, con l'aiuto del curatore, e la supervisione a distanza di Friedman, è infatti il vero autore di queste fantastiche opere. Questa operazione è a tutti gli effetti un pilota del metodo di creazione di Friedman, che dimostra l'effettivo valore di questo processo progettuale e costruttivo. "Merzstrukturen, costruita con materiali poveri, cartone da imballaggio, colla, nastro adesivo è un semplice riparo, sviluppato secondo un principio di casualità a partire dai principi costruttivi elementari che si trovano nelle 'bidonville' dei Paesi del Terzo mondo, alle cui forme abitative Friedman ha dedicato particolare attenzione nel corso degli anni. [...] Nonument, una grande installazione ambientale pensata e realizzata per il Mart è costituita da elementi modulari in cartone, assemblati in forme ondulate disposte le une sulle altre a costituire una struttura libera in forma piramidale."5 Non essere presenti infatti significa per Friedman che chiunque puo costruire e dare forma alle sue idee, e per questo debbono necessariamente essere semplici e facili da comunicare. Le due strutture realizzate seguono perfettamente il pensiero fridmaniano, rendere l'architettura libera, alla portata di tutti dove l'architetto è semplicemente un consulente a disposizione degli abitanti di una città.


Note:
1 Si puo consultare sul sito web YouTube la video-intervista di Yona Friedman.
2 La "Giornata del Contemporaneo" giunta questo anno alla seconda edizione è una iniziativa promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, che intende coinvolgere e sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo dell’arte contemporanea.
3 Yona Friedman, Basic&Irregular, in «Domus» n. 893, giugno 2006.
4 Dalla stessa vieo-intervista.
5 Dalla cartella stampa della manifestazione.

Testo di Matteo Costanzo apparcso su "Metamorfosi" n. 64, gennaio-febbraio 2007